Non avrai altro Dio all’infuori di Me

È scritto nel libro dell’Esodo; “lo sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dèi di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandi” (Es 20,2-6).

L’uomo è propenso non solo a cadere nei vizi attraverso le concupiscenze, ma di innalzare le stesse a propri idoli. Del resto nessuno può con le sue forze sfuggire alle tentazioni che possono generare, se non controllate, desideri irrefrenabili e cupidigie. Per sconfiggerle con successo e non cadere in colpevoli distrazioni, occorre fissare la volontà e l’impegno su questo nobile traguardo.

Anche il sentimento umano non sfugge alla legge della fermezza e della volontà. Ogni Amore per rimanere tale deve essere, difatti, alimentato in ogni istante del proprio esistere, altrimenti le distrazioni allontanando il pensiero e le promesse di fedeltà, lo faranno decadere nel dimenticatoio.

Se come è stato affermato, il pensiero è all’origine dell’agire, allora è necessario mantenerlo privo di distrazioni per non lasciarlo libero di essere catturato da tutto ciò che transita sotto i nostri sensi. In tal caso il nostro agire non potrà dipendere dal volere del nostro libero arbitrio ma si assoggetterà alle bramosie.

Il Vitello d’Oro Or il popolo, vedendo che Mosè tardava a scendere dal monte, si radunò presso Aronne, e gli disse: “Su via, facci un dio che vada innanzi a noi, perché di questo Mosè, l’uomo che ci ha tratti dall’Egitto, non sappiamo che cosa ne sia stato” … Ed Egli li prese dalle loro mani, ne fuse l’oro e ne formò un vitello. Ed essi esclamarono: “O Israele, questo è il tuo dio, che ti ha liberato dall’Egitto!” […] Quando Mosè vide il popolo sfrenato, poiché Aronne li aveva lasciati abbandonare all’idolatria, diventando cosi ludidrio dei suoi avversari, si fermo sulla porta del campo e gridò: “Chi è per il Signore? … A me!”. E si raccolsero intorno a lui i figli di Levi. Egli ordinò a loro: “Ha detto il Signore. Iddio d’Israele: Ciascuno di voi si metta la spada al fianco: andate in giro per il campo, da una parte all’altra, e ognuno uccida il fratello, l’amico, il parente”. I figli di Levi fecero secondo la parola di Mosè: e in quel giorno perirono fra il popolo circa tremila uomini.

Il popolo che era stato portato come su ali di aquila verso il loro Dio, come pure era stato liberato dalla schiavitù degli Egiziani, quello stesso popolo che aveva affermato: “Noi faremo tutto quello che ha detto il Signore”, ora si era creato un idolo: il vitello d’oro.

Gli idoli, anche se non è possibile raffigurarli, sono espressioni delle nostre bramosie, ci possono incatenare al loro volere per renderci schiavi e divenire, infine, l’unica ragione del nostro vivere. Innumerevoli possono essere i nostri idoli: il potere, il denaro, il sesso, il successo, le opere del genio umano, l’affermazione di sé, tanto per citarne alcuni. I nostri idoli possono coesistere con la fedeltà a Dio? Evidentemente no: “Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e a mammona”. (Mt 6,24).

“Io sono il Signore tuo Dio”. In ogni istante possiamo recepire la presenza di Dio, nella melodiosità del gorgoglio dell’acqua sorgiva, nella soavità del profumo dei fiori, nel sussurro del venticello primaverile, ma anche nel meraviglioso fascino della natura tutta che rigogliosa canta i Suoi prodigi: dall’umile stelo d’erba alla scintillante stella del firmamento, dall’insignificante granello di sabbia all’immensità degli spazi siderali, dalla piccola goccia di rugiada all’immensità dei mari.

“Non avrai altro Dio all’infuori di me”. È un comando per non crearsi idoli e diventarne schiavi. Non dobbiamo alzare altari a dèi non veri come fece il popolo d’Israele. Solamente in Dio possiamo ritrovare il fine di ogni azione e il senso di ogni fine. È il nostro Creatore, il nostro Salvatore, Colui che ci ama, il senso e il fine della nostra vita.

Solamente chi riesce ad essere unito a Dio con costanza attraverso la preghiera saprà rimanere libero dagli dèi del mondo. In Lui scopriremo il vero Amore ed impareremo ad essergli fedeli per poterci realizzare in questa vita e mettere una seria ipoteca su un’eternità di gaudio.

Il primo comandamento è un atto di amore verso noi stessi in quanto ci rivela la via per essere autenticamente uomini o donne. Tutti i peccati nascono dal peccato di idolatria, ossia nel credersi dio in tutto quello che è opera dell’uomo: i soldi, la carriera, il potere, il sesso, il proprio corpo, lo sport ecc.

“Questo comandamento che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: chi salirà per noi in cielo per prendercelo e farcelo udire e lo possiamo eseguire? Non è al di là del mare, perché tu dica: chi attraverserà per noi il mare per prendercelo e farcelo udire e lo possiamo eseguire? Anzi, questa parola è molto vicino a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica”. (Dt 30, 11-14).

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