IL BUON PASTORE-SALMO 23

Il Buon Pastore

PARTE PRIMASenza ombra di dubbio, il Salmo 23 è il più celeberrimo fra i 150 Salmi che compongono la parte poetica della Bibbia ed è sicuramente il più conosciuto fra i 73 scritti da Davide. Continua ad essere fonte di benedizione per tutti: per chi lo legge ed anche per chi lo ascolta. Non è il Salmo più piccolo, eppure è il più ricordato. Un mensile cristiano americano alcuni anni fa riportava che: “Taluni credenti, scoraggiati e privi di forza per pregare, si sono rivolti a Dio attraverso il Salmo 23. Altri sono entrati in sala operatoria, ripetendolo, ad alta voce. Nelle aule universitarie è l’oggetto della meditazione del candidato. È il Salmo che con piacere ascoltano coloro che stanno per sposarsi, ma anche per i credenti che dal tempo stanno passando all’eternità. Esso appare come l’ancora della nave: forte e stabile; come una corda a cui uno sventurato si afferra per non cadere in un burrone. Pensate che i soldati, durante la prima guerra mondiale, lo recitavano a memoria nelle trincee, quando il fuoco nemico si faceva intenso”. Esso è anche il salmo delle certezze.

    IL SIGNORE È IL MIO PASTORE

“Il Signore è il mio pastore…” (v.1)
Il Salmo non comincia con una richiesta, ma con una certezza: “Il Signore è il mio pastore”. Davide per diverso tempo era stato pastore di pecore, egli era in famiglia l’ultimo figlio ed a quei tempi, l’ultimo nato maschio, doveva prendersi cura del gregge della famiglia. Nessuno voleva fare questo mestiere per molteplici ragioni: innanzitutto il pastore era costretto a stare per lungo tempo lontano da casa, quindi perdeva contatto con le persone che amava e soprattutto smetteva di comunicare; la solitudine era la sua migliore compagna.

Oltre a ciò, il pastore doveva proteggere il gregge dagli animali feroci. Davide stesso disse: “…Talvolta veniva un leone o un orso a portar via una pecora dal gregge. Allora gli correvo dietro, lo colpivo, gli strappavo dalle fauci la preda; e se quello mi si rivoltava contro, lo afferravo per le mascelle, lo ferivo e l’ammazzavo” (1 Samuele 17:34).
Davide aveva esercitato per anni la professione di pastore ed ora, a distanza di tanto tempo (sembra che quando ha scritto questo Salmo

avesse più di 60 anni), ripercorrendo le tappe della sua vita, ricordandosi della sua vecchia professione prima di diventare re, esclama: “Il Signore è il mio pastore”. Questa espressione ci parla di una relazione personale. Dio è il Dio di tutti, ma è il “mio Dio”. È il “mio” Pastore nel senso che posso avere comunione con Lui, posso parlare con Lui ed Egli con me. È “mio” nel senso che non lo troverò mai occupato, impegnato con gli altri. È “mio”, perché potrò invocarlo di notte, di giorno, la mattina o la sera e mai mi rimanderà indietro, mai mi tratterrà in modo sconveniente. È il “mio” pastore e come un pastore si interessa della sua pecora, così Egli si interessa alla mia vita. Il nostro è un Dio personale, non un Dio delle masse, ma dei singoli.

    NULLA MI MANCA

“Il Signore è il mio pastore: nulla mi manca” (v.1)
La pecora per istinto sa che il pastore ha già scelto il pascolo per il giorno seguente. Sa che il suo pastore non gli ha fatto mancare nulla durante la giornata trascorsa e che così sarà anche per il giorno seguente.

Colui che è “nato di nuovo”, ha nel cuore questa certezza: “Dio provvederà per lui”. Chi ha conosciuto il “Buon Pastore”, ha questa ferma certezza. In un altro Salmo, Davide dice: “Io sono stato giovane e sono anche divenuto vecchio, ma non ho mai visto il giusto abbandonato, né la sua discendenza mendicare il pane” (Salmo 37:25). L’apostolo Paolo dice: “Il mio Dio provvederà splendidamente ad ogni vostro bisogno” (Filippesi 4:19). Con questa certezza chi è nato di nuovo, può vivere serenamente l’oggi, senza l’ansia per il domani. Gesù stesso dirà: “Io sono il buon pastore; il buon pastore dà la sua vita per le pecore. Il mercenario, che non è pastore, a cui non appartengono le pecore, vede venire il lupo, abbandona le pecore e si

dà alla fuga, e il lupo le rapisce e disperde. Il mercenario si dà alla fuga perchè è mercenario e non si cura delle pecore. Io sono il buon pastore, e conosco le mie, e le mie conoscono me, come il Padre mi conosce e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore” (Giovanni 10:11-15). Si racconta che due uomini furono chiamati in un grande auditorium per recitare il Salmo 23. Uno era un noto oratore e bravo nella recitazione. Egli declamò Il Salmo in un modo tanto efficace, che quando terminò la lettura, tutti lo applaudirono e gli chiesero persino un bis, per poter ascoltare ancora la sua meravigliosa performance. Poi, l’altro uomo, che era molto più vecchio, ripeté le stesse parole, ma quando terminò, nessun rumore si sentì nell’auditorio. La gente era commossa e stava piangendo. Allora il primo uomo si alzò e disse: “Ho una confessione da fare: la differenza tra quello che voi avete appena udito dal mio vecchio amico e quello che avete udito da me è questa: io conosco il Salmo, mentre il mio amico conosce il Pastore”.
Se conosciamo il Buon Pastore, nulla ci mancherà.

    EGLI MI DÀ RIPOSO

“Egli mi fa riposare in verdeggianti pascoli” (v.2)
È indubbio che l’uomo è alla ricerca di riposo, del riposo dell’anima. Fa riflettere il dato fornito ultimamente da alcune case farmaceutiche: gli ansiolitici e similari sono fra i farmaci a più largo consumo. L’ansietà, la depressione colpisce un individuo su tre e non risparmia neppure i ragazzi in età pre-adolescenziale.

È di riposo, ciò di cui l’uomo ha oggi bisogno. Gesù è il solo che può darlo:“Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre; poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero” (Matteo 11:28-30). Caro lettore, Gesù è la risposta all’ansia ed alle preoccupazioni della tua vita. Egli è pronto a tirarti fuori dalle acque tempestose nelle quali ti trovi ed a portarti lungo le acque calme: “Egli riduce la tempesta al silenzio e le onde del mare si calmano. Si rallegrano alla vista delle acque calme, ed egli li conduce al porto tanto sospirato” (Salmo 107:29,30). Immagina così la calma del Signore:

“Fuori c’è una tempesta, gli alberi secolari sono sradicati, i tetti scoperchiati, il mare rumoreggia. Grande è la tempesta, ma un uccello che osserva il tifone, se ne sta al sicuro nella fenditura della roccia”. Anima stanca, trova riposo in Dio. Nel Salmo 62 Davide scriveva: “Solo in Dio trova riposo l’anima mia; da lui proviene la mia salvezza. Anima mia, trova riposo in Dio solo”. Nella vita di chiunque ci sono difficoltà, problemi, prove di svariato genere, ma c’è la fenditura della roccia, dove il Signore ci condurrà: “In verità l’anima mia è calma e tranquilla. Come un bimbo divezzato sul seno di sua madre, così è tranquilla in me l’anima mia” (Salmi 131:2).PARTE SECONDAAbbiamo in precedenza visto che il Salmo 23 presenta diverse certezze. Colui che ha realizzato Cristo nella sua vita come personale Salvatore ed è “nato di nuovo”, può affermare con fede che: “Il Signore è il suo pastore e nulla gli mancherà”. A queste tre certezze, se ne aggiungono altre.

    IL SIGNORE MI RISTORA E MI CONDUCE

“Egli mi ristora l’anima, mi conduce per sentieri di giustizia, per amore del suo nome” (v. 3)
Ristorare l’anima: che significa? Ecco i sinonimi usati in altre versioni: “Rinnova le forze, dà sollievo, rinfresca”. Nella Scrittura più volte Dio ristora i Suoi figli, più volte è questo il desiderio di chi ha imparato a confidare in Dio. Un esempio è il Salmo 80 dove per ben tre volte si legge: “Signore, Dio degli eserciti, ristoraci, fa’ risplendere il tuo volto e saremo salvi”. Dio prontamente risponde a questo anelito: “Poiché egli ha ristorato l’anima assetata e ha colmato di beni l’anima affamata (Salmi 107:9). Quando Sansone affrontò i Filistei, è scritto che afferrò una mascella d’asino ancora fresca e uccise mille uomini.

Poi ebbe molta sete, invocò il Signore e disse: “Tu hai concesso questa grande liberazione per mano del tuo servo; ora, dovrò forse morire di sete e cadere nelle mani degli incirconcisi?” Allora Dio fendè la roccia concava che è a Lechi e ne uscì dell’acqua. Sansone bevve, il suo spirito si rianimò ed egli riprese vita” (Giudici 15:18). Non cercare di dissetarti con l’acqua inquinata di questo mondo, che altro non fa che avvelenare la tua anima: vai alla fonte, vai a Cristo Gesù. Come sono preziose le parole di Gesù: “Nell’ultimo giorno, il giorno più solenne della festa, Gesù stando in piedi esclamò: “Se qualcuno ha sete, venga a me e beva. Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno”. Disse questo dello Spirito, che dovevano ricevere quelli che avrebbero creduto in lui; lo Spirito, infatti, non era ancora stato dato, perché Gesù non era ancora glorificato”(Giovanni 7:37-39).
Il Signore ancora oggi desidera ristorare la tua anima arida ed assetata: “Poiché io ristorerò l’anima stanca, sazierò ogni anima languente” (Geremia 31:25).
Oltre che ristorarci, il Signore ci “conduce per sentieri di giustizia”.

Il termine ebraico: “Indica il padre che tiene fermamente stretta la mano del suo bambino”. Ogni guida deve distinguersi per una caratteristica: l’affidabilità. Essa ha la responsabilità di un gruppo che, dopo l’escursione, deve riportare a casa. I turisti devono seguire la guida, calcando le sue orme. Una guida che scala la montagna, invita coloro che la seguono, a mettere i loro piedi nelle orme da essa lasciate. La guida traccia il sentiero e gli altri la seguono. Quando l’aquila deve insegnare agli aquilotti a volare, lascia nel cielo le tracce della sua scia e gli aquilotti con fiducia la seguono. È una traccia che solo gli aquilotti vedono e che è invisibile all’occhio dell’uomo. Allo stesso modo, Cristo, la nostra guida perfetta, ha lasciato una traccia che solo i figli di Dio vedono e devono seguire. SeguiamoLo e realizzeremo ogni giorno il Suo grande amore!

    TU SEI CON ME

“Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte, io non temerei alcun male, perché tu sei con me; il tuo bastone e la tua verga mi danno sicurezza” (v. 4)
Davide pasturava il gregge, ma c’erano delle zone infestate da animali feroci ed ogni ombra poteva rappresentare una trappola. Quante valli dell’ombra della morte dobbiamo attraversare, ma Dio è con noi e niente ci fa paura.
Un’insegnante di una scuola elementare di periferia, che di frequente balzava sulle cronache dei giornali, causa l’alta percentuale di delinquenza minorile, trovava difficoltà a gestire la classe. Molti di questi ragazzi avevano i genitori in carcere o erano latitanti e ricercati dalla polizia. Un giorno la maestra chiese ai suoi alunni di disegnare qualcosa per loro importante. La maggior parte disegnò tavole imbandite di cibi e dolci. L’insegnante fu colta di sorpresa dal disegno consegnato da uno di questi: una semplice mano disegnata

in maniera infantile. “Ma la mano di chi e?” chiese la maestra. I ragazzi cercarono di dare una risposta: “Secondo me è la mano di un contadino che ci porta da mangiare” disse un bambino, di “un pugile” disse un altro; “la mano di un ladro” disse un ragazzo con lo sguardo da furbetto. L’insegnante si chinò sul banco del ragazzo che aveva fatto quel disegno e domandò di chi fosse la mano: “È la tua mano, maestra” mormorò il bambino. “Tutti i giorni tu prendi la mia mano e mi accompagni all’uscita. Lo so che lo fai con tutti, ma per me vuole dire tanto, perché quando sento che la tua mano stringe forte forte la mia, mi sento protetto”. Allo stesso modo il Signore afferra la mano di chiunque pone in Lui la sua fiducia: “Ma pure, io resto sempre con te; tu mi hai preso per la mano destra” (Salmi 73:23). Il Signore non ci lascerà e non ci abbandonerà mai ed è considerevole il fatto che il Vangelo di Matteo termina con questa promessa di Gesù: “Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente” (Matteo 28:20).

“Il tuo bastone e la tua verga mi danno sicurezza” (v. 4)
La verga era un bacchio con la parte distale uncinata che sembra servisse per afferrare dolcemente per il collo, la pecora che era caduta in un fosso. Il bastone serviva a percuotere leggermente il fianco della pecora che tendeva ad allontanarsi dal gregge. Quanto amore ha Dio per noi! Non temere, caro amico, se Gesù diventerà il tuo Pastore, non ti lascerà e non ti dimenticherà mai: “Una donna può forse dimenticare il bimbo che allatta, smettere di avere pietà del frutto delle sue viscere? Anche se le madri dimenticassero, non io dimenticherò te” (Isaia 49:15).

    PROVVEDERÀ PER ME

“Per me tu imbandisci la tavola, sotto gli occhi dei miei nemici…” (v. 5)

Nei pascoli d’Israele crescono piante velenose che sono mortali per le pecore, se queste le ingeriscono. Ci sono anche delle piante con spine lunghe e dure che se penetrano nelle molli narici delle pecore, provocano forti dolori e serie ferite. Ogni primavera il pastore estirpa queste piante con una zappa e le ammucchia per bruciarle. Così i pascoli sono sicuri per le pecore. Affidiamoci al Signore, dipendiamo da Lui, come la pecora dipende dal suo pastore. Nella vita incontreremo tanti nemici che cercheranno di distruggerci. Molti hanno paura di non farcela a resistere, hanno paura del fallimento e della caduta. Se il Signore è il nostro Pastore, nulla ci mancherà: Egli ci darà la vittoria su ogni situazione, perché provvederà per noi: “Come un pastore, egli pascerà il suo gregge: raccoglierà gli agnelli in braccio, li porterà sul petto, condurrà le pecore che allattano” (Isaia 40:11).

PARTE TERZALa vita del credente, di colui cioè che ha realizzato Cristo nella sua vita come personale Salvatore, non è paragonabile ad una foglia d’autunno sbattuta dal vento. Al contrario, ogni figlio di Dio ha delle certezze incrollabili. Il celeberrimo Salmo 23 ci aiuta a considerarle in maniera attenta. Infatti, chi è “nato di nuovo”, può dire insieme allo scrittore sacro: “Il Signore è il mio pastore: nulla mi manca. Egli mi fa riposare in verdeggianti pascoli, mi guida lungo le acque calme. Egli mi ristora l’anima, mi conduce per sentieri di giustizia, per amore del suo nome. Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte, io non temerei alcun male, perché tu sei con me; il tuo bastone e la tua verga mi danno sicurezza. Per me tu imbandisci la tavola, sotto gli occhi dei miei nemici…”.Consideriamo le ultime certezze esplicitate dal Salmista, nelle quali si identificano tutti i credenti.

    EGLI CURA LE MIE FERITE

“Cospargi di olio il mio capo; la mia coppa trabocca” (v. 5)
Mentre bruca, la pecora può ferirsi con oggetti contundenti nascosti nell’erba. Inoltre ci sono i rovi che graffiano e le spine che lacerano il suo manto. Alla fine della giornata, le pecore sono stanche e sfinite, ma il pastore le aspetta sulla soglia dell’ovile e mentre entrano, le esamina attentamente. Se trova delle ferite, il pastore applica dell’olio per ammorbidirle e disinfettarle, cosi, anziché infettarsi, le ferite guariscono in fretta: “…Le sue mani guariscono”(Giobbe 5:18).

Quante volte ci siamo feriti o siamo stati feriti: abbiamo scoperto che il Buon Pastore è sempre pronto a versare sulle nostre ferite l’olio dello Spirito Santo che è il miglior lenitivo. Nella parabola del Buon Samaritano accadde la stessa cosa. L’uomo che scendeva da Gerusalemme per andare a Gerico, s’imbatté nei briganti che lo spogliarono, lo ferirono e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso un sacerdote scendeva per quella stessa strada; e lo vide, ma passò oltre dal Lato opposto. Così pure un Levita, giunto in quel luogo, lo vide, ma passò oltre dal lato opposto. Sia il sacerdote che il Levita lo videro, ma passarono dalla parte opposta. Il Signore,

invece, come quel samaritano, vede la nostra condizione, si avvicina a noi, versando sulle nostre ferite prima l’olio e poi il vino. Qualcuno potrebbe obiettare che in questo racconto c’è un errore: il buon samaritano versò sulle ferite prima l’olio e poi il vino. Solitamente sulle lesioni si versa prima la sostanza alcolica per disinfettarla (il vino) e poi l’olio come lenitivo. Nessun errore: il Signore versa prima l’olio dello Spirito Santo sulle nostre ferite, perché Egli non aggiunge dolore a dolore e poi vi versa il vino, figura della gioia. Quanto amore, quante attenzioni ha Dio per noi!
Inoltre è considerevole notare che Davide dice: “Tu cospargi di olio il mio capo”. Non dice i “nostri” capi. Usa il pronome possessivo personale al singolare. Il pastore si preoccupa tutto il giorno per il gregge, ma al momento del rientro all’ovile egli controlla le pecore ad una ad una singolarmente. Quanto è grande l’amore che Dio ha per le Sue pecore: “Infatti così dice Dio, il Signore: Eccomi! io stesso mi prenderò cura delle mie pecore e andrò in cerca di loro. Come un pastore va in cerca del suo gregge il giorno che si trova in mezzo alle sue pecore disperse, così io andrò in cerca delle mie pecore e le ricondurrò da tutti i luoghi dove sono state disperse in un giorno di nuvole e di tenebre; le farò uscire dai popoli, le radunerò dai diversi paesi e le ricondurrò sul loro suolo; le pascerò sui monti d’Israele, lungo i ruscelli e in tutti i luoghi abitati del paese. Io le pascerò in buoni pascoli e i loro ovili saranno sugli alti monti d’Israele; esse riposeranno là in buoni ovili e pascoleranno in grassi pascoli sui monti d’Israele. Io stesso pascerò le mie pecore, io stesso le farò riposare, dice Dio, il Signore. Io cercherò la perduta, ricondurrò la smarrita, fascerò la ferita, rafforzerò la malata” (Ezechiele 34:11-16).
Infine, “la coppa trabocca”. Possono capitare giorni nei quali la pecora deve camminare per sentieri ripidi sotto un sole molto caldo. Al suo rientro nell’ovile, c’è dell’acqua che “trabocca” contenuta in una grossa giara di terracotta non verniciata che mantiene l’acqua fresca mediante evaporazione sulle pareti esterne. Quando la pecora accaldata entra nell’ovile, il pastore immerge nella giara una coppa e la porge ricolma alla pecora, che si ristora, bevendo con delle sorsate che le ridanno vita. Dio è attento ad ogni nostra esigenza, perciò Egli per antonomasia è il Buon Pastore!

    BENI E BENIGNITÀ MI ACCOMPAGNERANNO
“Certo, beni e bontà m’accompagneranno tutti i giorni della mia vita” (v. 6)
Davide termina questo meraviglioso Salmo, usando la parola: “Certo”. Il suo non è solo un desiderio, ma una certezza profonda ed incrollabile: “Beni e benignità lo accompagneranno tutti i giorni della sua vita”. Questa è anche la certezza del credente che è persuaso che nella sua vita il Signore sarà fonte di benedizioni.
Quando scrisse questo Salmo, Davide era ormai anziano. Tanti avvenimenti, alcuni dei quali molto negativi, avevano costellato la sua vita, ma egli aveva imparato a rivolgersi al Signore con un cuore sincero.

Per questo è definito dalla Scrittura: “L’uomo secondo il cuore di Dio” (1 Samuele 13:14). Davide era persuaso, come lo è ogni credente, che confidando nel Signore, dipendendo continuamente da Lui, “beni e benignità lo avrebbero accompagnato tutti i giorni della sua vita”.

    EGLI HA UNA CASA PER ME

“…e, io abiterò nella casa del Signore per lunghi giorni” (v. 6)
La casa è per molti un problema. Chi si sposa, deve averla e a volte, non trovandola, deve arrangiarsi. Ma è particolarmente triste vedere persone dormire sul marciapiede, nella sala di attesa della ferrovia, perché non hanno una casa. Ancora più triste è conoscere persone che non hanno la speranza di una casa eterna e che, alla fine della loro vita, non possono pensare ad altro che ad una tomba e all’oblio.
Davide termina il Salmo 23, affermando: “Io abiterò nella casa del Signore per lunghi giorni”. Una delle pagine più appassionanti del “Pellegrinaggio del Cristiano”, il libro di John Bunyan è quello nel quale il personaggio descritto come “Signor Debole” parla del suo desiderio di arrivare a “casa”: “…Ma ho deciso di fare così: correre quando posso, camminare quando non posso correre, e andare carponi quando non posso camminare l’anima mia è al di là del fiume che non ha ponte sebbene, come vedete, altro non sono che un debole”.

Qualche volta la più grande ispirazione della vita arriva, quando “l’anima è al di là del fiume che non ha ponte”. Se non fosse per questa certezza, molte esperienze della vita sarebbero insopportabili. Il credente può leggere nella Parola di Dio la certezza esplicitata da Gesù: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morirà mai” (Giovanni 11:25,26). Fu proprio quella conoscenza intima di un Dio come quello che descrive nel Salmo 23 a dare a Davide la certezza che quando la fine dei suoi giorni fosse giunta, lui sarebbe andato a “casa del Padre per sempre”. E tu caro lettore hai la stessa certezza? Se ti sei smarrito, il Signore ti sta cercando

per portarti nel Suo gregge: “Chi di voi, avendo cento pecore, se ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e non va dietro a quella perduta finché non la ritrova? E trovatala, tutto allegro se la mette sulle spalle; e giunto a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la mia pecora che era perduta”. Vi dico che così ci sarà più gioia in cielo per un solo peccatore che si ravvede, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di ravvedimento” (Luca 15:4-7).
Il Buon Pastore sta cercando la pecora smarrita: lascia che Lui ti prenda sulle Sue spalle e ti porti nel Suo ovile. Qui Egli ti pasturerà, si prenderà cura di te, guarirà le ferite del tuo cuore. Accettalo nella tua vita come personale Salvatore ed allora potrai anche tu dire come Davide: “L’Eterno è il mio pastore, nulla mi manca”.

Domenico Modugno

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