Un fenomeno di cui si parla LA GLOBALIZZAZIONE E LA BIBBIA

Oggi, in campo economico, politico, sociale ma anche religioso, si sente spesso parlare di “globalizzazione”: c’è chi la auspica e lavora per costruirla, c’è, come i famosi movimenti “no global”, chi invece la contesta apertamente e talvolta violentemente. Cosa ha da dirci la Parola di Dio in proposito?

Cosa si intende per ”globalizzazione”

Il termine “globalizzazione” indica il tentativo di trasformare il mondo in una sorta di villaggio globale, dunque una grande ed unica piazza in cui sia possibile scambiare – in maniera sempre più intensa e veloce – beni, servizi, capitali, tecnologie, informazioni e forza lavoro. Il tutto grazie al fortissimo potenziamento dei vari mezzi di comunicazione – aerei, autostrade, televisioni, radio, giornali, cellulari, Internet – con il fine di annullare le distanze spaziali e temporali tra il centro di questo ipotetico villaggio e la sua periferia.

Un fenomeno vecchio quanto il mondo

Alla luce di tutto ciò, appare subito evidente che tale ambizioso progetto è vecchio quanto il mondo stesso. Infatti la storia ci narra i vari tentativi dell’uomo di sottoporre territori sempre più vasti, addirittura tutto il globo, sotto un’unica bandiera.

• Nel pensiero della civiltà egizia, ad esempio, c’era infatti il forte desiderio di unificare tutte le popolazioni situate lungo il corso del Nilo, progetto che ha poi dovuto fare i conti con le civiltà mesopotamiche degli assiri e dei babilonesi, anch’esse desiderose di sottomettere le popolazioni del Medio Oriente, dell’Asia e dell’Africa settentrionale.

• E che dire poi della straordinaria figura di Alessandro Magno, le cui strepitose vittorie lo portarono fino alle porte dell’India. Ma anch’egli dovette chinare il capo davanti alla inesorabile legge divina, che spezza l’orgoglio dei potenti e vanifica i progetti basati unicamente sulla forza dell’uomo, cioè sulla polvere, come direbbero le Sacre Scritture. Alessandro Magno morì infatti a Babilonia nel 323 a.C. all’apice del successo e all’età di soli trentatre anni, dopo due settimane di malattia.

• Tra i tentativi di globalizzazione del mondo antico, menzione particolare merita quello della Roma imperiale, il cui inizio può definirsi nell’anno 31 a.C., allorché Cesare Ottaviano Augusto sconfisse il rivale Antonio nella famosa battaglia navale di Azio.
Augusto divenne così imperatore ed impose la “pax romana” – cioè la pace garantita dalle agguerrite legioni romane – in un territorio vastissimo, la cui estensione era di ben 3.800.000 kmq (cioè più di dodici volte la superficie dell’Italia), con una popolazione di 54 milioni di abitanti.

Ebbene, tale globalizzazione raggiunse il suo punto più alto sotto l’imperatore Traiano, che governò dal 98 al 117 d.C.

Egli fece erigere a Roma (nell’odierna Piazza Venezia) la famosa colonna Traianea, una bellissima opera in marmo alta ben trenta metri su cui vennero scolpite – a mo’ di gigantesco fumetto senza parole – le vittorie delle legioni romane, che avevano permesso di annettere all’Impero la lontana Dacia, cioè l’odierna Romania.
Ma si trattò anche in questo caso dell’ennesima illusione umana destinata a fallire. Infatti dopo soli settant’anni l’imperatore Marco Aurelio fece erigere sempre a Roma un’opera gemella – la colonna Antonina –, dalle cui sculture si avverte chiaramente che il glorioso Impero romano è ormai incamminato sul viale del tramonto: infatti ora non si combatte più per conquistare nuovi territori, bensì per non perdere quelli già acquisiti, ora minacciati da popolazioni barbariche come i Sarmati e i Marcomanni.
Le difficoltà a gestire l’immenso impero divennero così insostenibili al punto da deciderne la divisione: l’Impero romano d’Occidente con capitale Ravenna da un lato, l’Impero romano d’Oriente con capitale Costantinopoli dall’altro lato.
Il primo cadde nel 476 d.C., allorché il barbaro Odoacre depose il giovanissimo imperatore Romolo Augustolo, mentre il secondo cadde nel 1453, l’anno in cui gli ottomani capeggiati da Maometto II conquistarono la città di Costantinopoli.

• Se si guarda ora l’impero del mongolo Gengis Khan (1155-1226) – immenso al punto da estendere la sua influenza dal Mar del Giappone al Mar Nero –, si può fare una constatazione molto interessante: la globalizzazione non solo ha favorito la circolazione di idee, risorse e tecnologie, ma ha anche contribuito alla diffusione di terribili malattie.

Infatti nel 1330 nel cuore dell’impero dei Mongoli, precisamente nel deserto Gobi, si diffuse la terribile peste bubbonica, la quale si propagò velocemente in Asia grazie proprio alle strade costruite dagli ingegneri di Gengis Khan, efficienti al punto da mettere in condizione i suoi corrieri di percorrere ben 350 km al giorno.
Sfruttando tali vie di comunicazione, la peste nel 1345 si era propagata fino al fiume Volga, per arrivare nel 1348 in Italia e poi dilagare nel resto dell’Europa.
Nell’arco dunque di un ventennio la peste uccise decine di milioni di persone, probabilmente un terzo della popolazione mondiale, rappresentando così una terribile linea di demarcazione tra il Medioevo e l’età moderna.

Verità “per costruzione” o verità “per rivelazione”?

Disponendo dunque di questi significativi e ricorrenti esempi storici, è d’obbligo per il credente fare delle considerazioni volte a mettere in relazione questi mal riusciti tentativi di globalizzazione con il messaggio delle Sacre Scritture.
Ebbene, dal confronto si possono fare almeno due considerazioni importanti, entrambe relative al concetto di Verità.

In primo luogo si può dire che la globalizzazione fatta dagli uomini prevede che la Verità possa essere raggiunta “per costruzione”, mentre nella Bibbia si dice categoricamente che essa può essere conosciuta unicamente “per rivelazione”.
Un esempio pratico, che illustra magnificamente queste due diverse prospettive, può concretizzarsi in un’opera d’arte collocata nei Musei Vaticani di Roma e che probabilmente risale al periodo in cui venne costruita la colonna Traianea. Si tratta della statua di Ermanubi, la quale fonde in un unico idolo pagano le divinità romane ed egizie di Ermes e di Anubi, entrambe addette alla cura delle anime dei morti.
È il trionfo dunque del sincretismo religioso, quello stesso che viene costantemente condannato dalla Bibbia fin dalle sue prime pagine, in quanto rappresenta in fondo l’arroganza dell’uomo nel pretendere di costruirsi la strada per raggiungere Dio. Infatti già dal capitolo undici del libro della Genesi il lettore viene ammonito affinché non costruisca – anche se in buona fede – una strada che lo congiunga con il suo Creatore, perché ciò sarebbe uno dei tanti “Ermanubi” destinati a crollare davanti alla santità ed all’unicità di Dio.

Perché infatti il Signore decise di punire quelle persone che, in pieno accordo tra loro ed animate da una certa vocazione alla spiritualità, decisero di costruire la torre di Babele pensando di raggiungere così il cielo e Dio stesso? Proprio a motivo del fatto che lì era avvenuto un tragico ribaltamento di ruoli: è Dio infatti che rivela il suo piano di redenzione per l’umanità, ed è sempre Dio che detta le modalità che caratterizzano la relazione che lui vuole avere con noi.
Al di fuori di questa cornice vi è il tragico errore dell’uomo che pretende di stilare un “contratto”, magari dopo essersi consultato con i suoi simili, per poi presentarlo al Signore e farglielo firmare.

No, questo non funziona con Dio, poiché è Lui che rivela le modalità del “contratto” nelle pagine delle Sacre Scritture, mentre a noi spetta solo il compito di accettarle con ubbidienza, sicuri del fatto che saranno le uniche a garantirci la vera pace, la vera gioia, la vera comunione con il nostro amato Signore.

La verità della maggioranza?!?

La seconda considerazione, anch’essa relativa al concetto di Verità, ci costringe a fare i conti con un’altra tendenza umana assolutamente condannata dalla Bibbia, presente tanto nel mondo antico quanto nella società odierna. Tale tendenza, tipica della globalizzazione moderna, si riassume sostanzialmente con questa massima: se una determinata convinzione morale o teologica viene accettata in buona fede da un grande numero di persone, essa diventa automaticamente vera, buona e giusta. Milioni di persone piangono commosse la morte del papa? Ebbene, le loro lacrime, la loro presunta “buona fede”, la loro emotività, i loro sacrifici nel venire a Roma conferiscono al tutto verità, bontà e giustizia. E poco importa sapere che la Bibbia non autorizza nessun uomo, nella maniera più assoluta, a fregiarsi del titolo di “vicario di Cristo”. La commozione della grande massa dei fedeli ed il loro piano emotivo diventano così più importanti delle Sacre Scritture, tant’è che esse continuano a rimanere chiuse ed impolverate nelle librerie della maggior parte di coloro che si considerano cristiani.

Se la Bibbia fosse invece letta e meditata si scoprirebbe che la Verità e la menzogna rimangono sempre tali davanti a Dio, a prescindere dal grande numero di fedeli che vi aderiscono.
Anzi, Gesù disse (Mt 18:20) che lui rimane l’unica Verità, anche se venisse riconosciuta ed adorata solo da “due o tre” persone. Addirittura in un altro passo neotestamentario (Mt 7:13-14) Gesù ci viene chiaramente a dire che la maggior parte delle persone rifugge dalla Verità, perché essa è scomoda e non può essere amata da uomini e donne che non sono state rigenerate dallo Spirito Santo, mediante la potenza della Parola di Dio: “Entrate per la porta stretta, poiché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa. Stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano”.

La globalizzazione biblica: una globalizzazione di Amore

Se dunque la Bibbia prende le distanze dal concetto di Verità proposto dalle varie globalizzazioni dell’uomo, di fatto ne propone un’altra, che può considerarsi l’unica degna di fiducia. È la “globalizzazione biblica”, riassumibile nel bellissimo versetto tratto dal Vangelo di Giovanni, capitolo tre, versetto sedici:
“Poiché Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il Suo Unigenito Figlio, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vita eterna”.

Ecco dunque in sintesi la globalizzazione di Dio: chiamata universale di Dio, la quale prevede però una risposta individuale e consapevole da parte di ogni singola persona.
Il tutto non secondo le tradizioni e le mutile teologie umane, bensì secondo il progetto divino espresso unicamente nelle Sacre Scritture.
Accostiamoci dunque con fiducia alla Bibbia, la divina ed unica rivelazione che ci parla di un Dio personale avente un progetto d’amore, di santità e di giustizia per il mondo intero e per ognuno di noi.

Ma nel far questo non pretendiamo di armonizzarla – come oggi fanno i fautori della globalizzazione religiosa – con le varie scienze umanistiche, con le varie convinzioni politiche o con le mode del momento. Rischieremmo di fare un altro Ermanubi: straordinariamente bello dentro un museo, ma assolutamente incapace di donare all’uomo quella gioia e quella pace che solo il Signore può donare.

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