Nella lettera ai Galati Paolo afferma: “Cristo vive in me”.
Che cosa cosa viveva Paolo prima che Cristo entrasse nella Sua vita?
Paolo era un noto legalista, perseguitava la Chiesa. La Legge mosaica lo dirigeva, lo guidava e lo condizionava. Paolo viveva quello che credeva, agiva sulla base di quello che trovava scritto secondo la Legge. Paolo pregava, digiunava, esercitava la sua spiritualità sulla base della Legge di Mosè. Per Paolo avere a che fare con Dio era una cosa seria, era una vera e propria dedizione e consacrazione, per cui aveva a cuore la pratica della Legge. Poi un giorno successe qualcosa che cambiò definitivamente la sua vita. L’incontro con Gesù fu straordinario, determinò in Paolo cambiamenti sorprendenti. Dio rivelò a Paolo che Cristo era la Sua giustizia, la Sua Grazia, la Sua Sapienza, la Sua Giustificazione e tanto altro ancora. Non doveva più “fare” qualcosa per essere salvato, non doveva più sforzasi di piacere a Dio mediante l’applicazione di norme, precetti e statuti, perché ogni cosa era stata adempiuta e inchiodata da Cristo alla croce. La sostituzione di Cristo era il prezzo pagato per il suo peccato e per i suoi peccati. Che cosa gloriosa, che cosa avvincente e che straordinario fascino dovette avere su Paolo questa rivelazione della morte e resurrezione di Cristo. Non doveva più vivere sotto la Legge di Mosè che lo aveva consumato e reso insoddisfatto. Non doveva più sforzarsi di ripetere le lunghe preghiere o i rituali di purificazione per poter leggere la Scrittura.
Per Paolo sarà stata una scioccante e straordinaria esperienza ricevere luce sull’opera di Gesù. Adesso Cristo era in lui, la sua vita era stata cambiata, lavata, comprata, non apparteneva più a se stesso e lo Spirito Santo lo stava guidando a scrivere il pieno significato del sacrifico di Cristo. Immagino la gioia di Paolo, quando in modo sorprendente lo Spirito gli rivelava il significato e l’adempimento teologico della circoncisione, dell’unità della chiesa, dei doni dello Spirito, dei ministeri e di tutto ciò che riguardava il cristiano nella sfera della salvezza in Cristo.
Quali furono i “risvolti” di tutto questo? Paolo viveva a contatto con diverse realtà.
Vi erano ancora i “legalisti” che inducevano le persone all’obbligo della legge.
Vi erano i “pagani” che adoravano false divinità.
Vi erano i “filosofi” che amavano il sapere, ma non più di tanto. Credevano follia immaginare la morte in croce del figlio di Dio.
Paolo non poteva più vivere come prima. Non poteva più essere un legalista, non poteva più considerare i “pagani” esclusi dalla famiglia di Dio, e neanche poteva vivere “filosofando” sulle rivelazioni ricevute da Dio. L’unica cosa logica da fare per Paolo era “vivere Cristo” ossia vivere i privilegi e la nuova posizione spirituale per mezzo della croce.
Come intraprendere tutto questo senza “pesi” o sentirsi di nuovo schiacciati da norme e precetti?
La risposta che Paolo fornisce è di sensazionale: ” …e quella vita che ora vivo nella carne, la vivo nella fede del Figlio di Dio.”
Quella vita….ossia “Cristo in me”, la vivo…ossia la pratico, la manifesto, la evangelizzo, la diffondo, ponendomi come esempio. Paolo viveva ciò che credeva, in modo chiaro, senza sforzi, senza giustizia propria ma manifestando la giustizia che si ha per mezzo di Cristo in modo visibile.
Anche noi abbiamo lo stesso Cristo, la stessa giustizia, la stessa salvezza, la stessa posizione di Paolo. Di sicuro non siamo più “pagani” perchè in Cristo siamo chiesa, anche noi siamo stati liberati dall’osservanza della Legge per essere salvati perché Cristo è l’adempimento della Legge. Non viviamo il cristianesimo come “una filosofia” perché abbiamo amore del sapere e basta senza coinvolgimento o senza effetti sulle nostre scelte di vita. Ma come avvenne in Paolo, viviamo ciò che siamo in Cristo. Se così non fosse dovemmo domandarci in chi e in che cosa abbiamo creduto.
Past. Pietro Varrazzo
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