Nigeria: un anno fa rapirono le ragazze di Chibok
Oggi è il primo anniversario del rapimento delle ragazze di Chibok. Ben 232 sono ancora nelle mani dei Boko Haram. Voci che siano morte scuotono le famiglie. Ricordare e agire a sostegno dei perseguitati è sempre più necessario.
14 aprile 2014, ore 22:00, Scuola Statale Secondaria di Chibok, villaggio del nord-est della Nigeria, stato di Borno: 7 grossi pick-up irrompono nel compound della scuola, uomini pesantemente armati hanno il sopravvento sulle poche guardie presenti. Esplode il panico: urla e spari sferzano la notte nigeriana. Gli assalitori rapiscono decine di ragazze e spariscono nel cuore della foresta di Sambisa. Una sequela di notizie si susseguono nei media internazionali e fanno il giro del mondo: 100 ragazze rapite, no 150, poi diventano 200. Dopo il caos iniziale si giunge alla cifra esatta di 252 ragazze rapite. Secondo i collaboratori di Porte Aperte in loco e dopo i contatti con le famiglie, riscontriamo che 20 delle 252 ragazze scappano in distinti momenti del rapimento.
Ad oggi, dopo esattamente un anno da quella tragica notte, mancano all’appello 232 ragazze. Sono nelle mani dei Boko Haram. Almeno 165 di loro sono cristiane, per lo più della denominazione evangelica Chiesa dei fratelli. Non abbiamo notizie di altre fughe, né di pagamento di riscatti. Potrebbero essere state mantenute in gruppo o divise, molto probabilmente sono in un altro stato, forse in Niger. Le famiglie vivono nel dolore di non sapere la fine delle loro figlie. Porte Aperte segue parte di queste famiglie da vicino: tra le altre cose nei mesi scorsi abbiamo consegnato centinaia di lettere di incoraggiamento da ogni parte del mondo.
Dove sono queste nostre figlie? Queste nostre sorelle? Un ufficiale dell’UNHCR, Raad Zeid al Hussein, sostiene che potrebbero essere state uccise, poiché vari rapporti giunti al suo ufficio di Ginevra parlano del ritrovamento di una fossa comune a Bama (città nigeriana riconquistata dall’esercito) con molti corpi di donne, uccise dai Boko Haram nella fase di ritirata. Secondo Porte Aperte, non ci sono ad oggi evidenze che possano farci pensare che si tratti proprio delle ragazze di Chibok, solo supposizioni: anche se le voci stanno girando in fretta, non ce la sentiamo di confermarle proprio perché ad oggi mancano prove.
Il fatto è che i cristiani nel nord-est della Nigeria stanno soffrendo sempre maggiori e brutali violenze sia da parte dei Boko Haram che degli allevatori musulmani Hausa-Fulani (altra piaga di cui poco si parla, razziano, uccidono e saccheggiano per conquistare le terre degli autoctoni, per lo più cristiani). C’è così tanto da fare!Aiutateci a intervenire con progetti mirati a sostegno dei perseguitati, prima che sia troppo tardi!
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