“…darete ascolto al piccolo come al grande” (Deuteronomio 1:17)

Il primo servizio che si deve al prossimo è quello di ascoltarlo. Come l’amore di Dio incomincia con l’ascoltare la sua Parola, così l’inizio dell’amore per il fratello sta nell’imparare ad ascoltarlo. Ascoltare tutti indistintamente.
Ascoltare significa prestare attenzione, integrare un messaggio e dare una risposta adeguata.
Non c’è cosa al mondo più facile di criticare il prossimo, che tra l’altro è un atteggiamento inutile.
Di fronte a chi sbaglia non dobbiamo esitare a ripetere in continuazione a noi stessi il detto: “Sono forse anch’io così?”. Come negli occhi di chi ci sta vicino vediamo riflettersi i nostri, così dobbiamo ravvisare i nostri discorsi in quelli degli altri, per evitare di disprezzarli con eccessiva durezza e per essere noi stessi più sorvegliati quando arriva il nostro turno di parlare. Non è difficile muovere obiezioni al discorso pronunciato da altri, anzi è quanto mai facile; ben più faticoso, invece, è contrapporne uno migliore.
Ci si deve inoltre guardare dal porre troppe domande e dall’intervenire in continuazione, perché anche questo atteggiamento denota, in certo qual modo, una volontà esibizionistica.
Bisogna porre attenzione ad un’altra questione, che è alquanto grave. Pesante e rozzo è l’ascoltatore che rimane freddo e impassibile di fronte a qualunque riflessione, e pieno di una presunzione incancrenita e di un’autoconsiderazione profondamente radicata, convinto com’è di saper esprimere qualcosa di meglio di quel che sente dire, non batte ciglio, come invece educazione vorrebbe, e non emette sillaba a testimonianza del fatto che sta seguendo volentieri e con interesse, ma se ne resta in silenzio.
Quando si ascolta, non solo sono sconvenienti l’arroganza di una fronte corrugata, la noia dipinta sul viso, lo sguardo che vaga qua e là, la posizione scomposta del corpo e le gambe accavallate, ma sono da censurare, e richiedono molta circospezione, persino un cenno o un bisbiglio con un altro, un sorriso, gli sbadigli sonnacchiosi, lo sguardo fisso a terra e qualunque altro atteggiamento del genere.
Chi ascolta, quindi, deve essere disponibile e interessato; l’ascolto, quindi, diventa attivo e partecipativo
Non ignoriamo ciò che Dio disse: “Ama il tuo prossimo come te stesso”. Questa ha il potere di risolvere immediatamente qualsiasi questione sociale e giuridica. “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”, “Scendi subito perché oggi devo fermarmi a casa tua”.
Colui che ascolta evita di agitarsi o di abbaiare ad ogni sua affermazione, e anche se il discorso non gli è troppo gradito, pazienta ed attende che chi sta disertando sia arrivato alla conclusione; e non appena ha finito si guarda dall’investirlo subito di obiezioni, ma, lascia passare un pò di tempo per consentire all’altro di apportare eventuali integrazioni o di rettificare e sopprimere qualche passaggio. Chi si mette subito a controbattere finisce per non ascoltare e non essere ascoltato.
Se invece prende l’abitudine di ascoltare in modo controllato e rispettoso, riesce a recepire e a far suo un discorso utile e sa discernere meglio e smascherare l’inutilità o falsità di un altro, e per di più dà di sé l’immagine di una persona che ama la verità e non le dispute, ed è aliena dall’essere avventata o polemica.
L’ascolto deve avvenire con giustizia. Tale giustizia si doveva esplicare anzitutto nel non avere riguardi personali, nel dare ascolto tanto al piccolo come al grande, nel non temere alcun uomo, perché il giudizio che essi emanavano apparteneva a Dio. Era Dio stesso che attraverso queste persone giudicava il popolo e quindi il loro giudizio doveva essere conforme alla volontà divina senza lasciarsi influenzare dalle tendenze umane.
“La giustizia, solo la giustizia seguirai” (Deuteronomio 16:20)
“Badate bene a quello che fate; poiché voi amministrate la giustizia, non per servire un uomo ma per servire il Signore, il quale sarà con voi negli affari della giustizia. Ora, il timor del Signore sia in voi; agite con prudenza, poiché presso il Signore, nostro Dio, non c’è perversità, né favoritismi, né si prendono regali” (2Cronache 19:6-7)

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