Come pregare in pubblico di C. H. SPURGEON

Un primo scoglio da evitare nella preghiera pubblica è il fatto d’avere troppo in vista l’uditorio e di pregare con lo scopo di piacergli.

Guardiamoci dal fare della preghiera una forma indiretta di sermone; le belle preghiere sono spesso delle brutte preghiere. Quando siamo nella presenza dell’Eterno degli eserciti non è buono abbellire il nostro stile per attirarci le approvazioni umane. Le nostre preghiere devono avere direttamente Dio per oggetto, non dobbiamo pensare ai nostri ascoltatori se non per renderci gli interpreti dei loro bisogni spirituali e presentarli al Signore.

Rimuoviamo dalle nostre preghiere anche ogni qualsiasi forma di leggerezza. Spesso basta, in tal caso, un piccolo avvertimento amichevole, dato a proposito, per evitare la ripetizione di immagini alquanto rischiose.

Un terzo pericolo da segnalare è la ripetizione fastidiosa di un troppo gran numero di termini esprimenti l’idea della supplicazione o dell’adorazione. Sentir ripetere costantemente « Signore », « Caro Salvatore », non fa altro che produrre degli effetti sgradevoli. Una tale abitudine è la violazione incosciente del comandamento di Dio, che vieta di nominare il Suo nome invano e noi non dobbiamo mai pronunciarLo col solo scopo di sostituirlo alle parole che ci mancano.

Preghiamo con serietà e con tutto il nostro cuore. Non ve nulla di peggio di una preghiera assonnata: è una triste preparazione alla predicazione ed è la cosa più adatta a disturbare le persone nel culto! Ai consigli che precedono ne aggiungerei ancora uno : non fate preghiere lunghe. «Se tu preghi con fervore», ha detto qualcuno, «sii breve, perché quelli che ti ascoltano sono incapaci di seguirti per molto tempo sulle alture di una spiritualità così elevata; e se la tua preghiera è fredda, sii breve lo stesso, per paura di stancare quelli che ti ascoltano ».

Whitefìeld diceva un giorno, parlando di un predicatore «che gli aveva fatto del bene con la sua preghiera e che essa sarebbe stata eccellente se si fosse fermato in tempo; ma che, purtroppo, pregando troppo a lungo, gli aveva fatto perdere la pazienza». Le preghiere lunghe, piene di spiegazioni oziose su ciò che Dio richiede o non richiede, degenerano spesso in sermoni indiretti. Non è necessario citare nella preghiera testi della Sacra Scrittura, di tirare in ballo Davide, Daniele, Giobbe, Paolo o Pietro e di prolungare la nostra orazione fino al momento in cui tutti diventano impazienti di sentir pronunciare l’amen finale. Ciò che pure produce uno spiacevole effetto, è dare l’impressione di stare per terminare mentre invece si prende di nuovo lo slancio per altri cinque minuti. Non ve nulla di più controproducente e di più fastidioso di un simile modo d’agire.

Evitate anche la tentazione che consiste nel cercare di produrre, pregando con espedienti artificiali, un’esplosione di fervore nell’assemblea; non vi sforzate d’apparire pieni d’unzione, e se siete freddi e mal disposti, ditelo al Signore, chiedendoGli una misura nuova di vita; voler simulare entusiasmo divino è la peggiore di tutte le menzogne.

Un ultimo consiglio che vi dò è quello di preparare le vostre preghiere. Non occorre, naturalmente, scriverle e impararle a memoria, perché allora meglio sarebbe servirsi di una liturgia; ma vi è un altro modo di prepararle ed è quello di immedesimarsi in anticipo nel carattere solenne di quest’atto, di meditare sui bisogni dell’anima umana e di ripensare alle promesse di Dio. Ciò vale più, in ogni caso, che comparire nella Sua presenza come per caso e in qualche modo precipitarsi dinanzi al Suo trono.

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