QUANTA DELUSIONE ……

Quante delusioni che la vita ci riserva…prima o poi tutti ne riceveremo una …o forse più di una…. Penso che nessuno, tra di noi, può dire di non essere mai stato deluso. Durano infatti poco gli entusiasmi e le soddisfazioni: durano magari il breve tempo dell’infanzia o la veloce stagione degli innamoramenti; forse si ripetono ad ogni nuovo inizio della nostra vita; ma presto – troppo presto – subentra la delusione, questa sgradita compagna che copre di diffidenza e di scetticismo ogni parola ed ogni gesto.
Accadde proprio così al profeta Geremia, di cui ascoltiamo la testimonianza nella prima lettura di domenica (Ger 20,7-9). Geremia si era innamorato della parola del Signore: «mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre». La passione per Dio lo aveva travolto e riempito di entusiasmo. Ma, ad un certo punto, la parola del Signore è diventata per Geremia «motivo di obbrobrio e di scherno ogni giorno: sono diventato oggetto di scherno ogni giorno, ognuno si fa beffe di me». Ad un certo punto, Geremia è deluso di Dio: si accorge di essere stato troppo ingenuo, di essersi illuso troppo in fretta, abbandonandosi a sogni impossibili. Geremia è deluso, e vorrebbe lasciar perdere tutto: «non penserò più a lui, non parlerò più in suo nome!» Tuttavia sa che non sarà questa la mossa risolutiva, capisce che se lascerà tutto si ritroverà più vuoto di prima.
Io credo che tutti ci riconosciamo, almeno un po’, in questo ritratto di Geremia. Il tormento della delusione ha certo segnato il nostro cammino: magari ha coinvolto gli ideali per cui ci siamo spesi, oppure le persone che abbiamo amato, o ancora le attività che abbiamo scelto. E ora la tentazione è quella di lasciar perdere, di non illuderci di più, di volare basso, lontani da ogni ingannevole sogno. La tentazione è quella di vivere come ibernati, sospendendo ogni decisione compromettente, trattenendoci da ogni scelta troppo impegnativa. Sappiamo che servirà a poco questo ripiego furtivo: e tuttavia non sappiamo che cosa fare di diverso.
Appunto come Pietro che vorrebbe abbandonare il Maestro, vorrebbe evitare di essere umiliato con lui a Gerusalemme; e tuttavia sa che così non risolverà niente, sa che soltanto Gesù ha parole di vita eterna. Per questo Pietro «trasse in disparte» Gesù e «si mise a protestare». Protesta perché è deluso, perché non capisce quello che sta per accadere, perché i suoi sogni si sono infranti; Pietro protesta e vorrebbe gettare la spugna. Proprio come facciamo noi.
Ma Gesù blocca la protesta di Pietro; e blocca anche i nostri mugugni: «Lungi da me, Satana!». Gesù conosce bene il peso della delusione, la fatica e la paura di chi si vede crollare il mondo addosso. Però Gesù sa anche che non sarà la fuga a risolvere la delusione: perché fuggire significa, in fondo, rinunciare a vivere, e, di conseguenza, rinunciare a fidarsi dell’insperata ricchezza delle promesse di Dio. E dunque, Gesù non fuggirà dalla sua vita, anche quando questa lo porterà sul patibolo della croce: anzi, proprio là, nell’ora della morte, egli sperimenterà la presenza rassicurante del Padre. Proprio nell’ora della massima delusione, Gesù troverà la massima consolazione.
Perché la delusione non si vince fuggendo o gettando la spugna; la delusione si vince soltanto scegliendo sempre da capo quella vita che abbiamo ricevuto, certi sempre da capo che le promesse di Dio sono eterne: di esse ci possiamo fidare, al di là di ogni delusione.
Dio ti benedica.

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