IL PASTORE SOTTO LA LENTE DI INGRANDIMENTO
Il cristiano non può condurre una vita isolata, perché Dio ci comanda di amare (cfr. Marco 12:30-31).
Questo vale in particolare per il pastore, perché coltiva un rapporto d’amore ufficiale con la comunità.
Nel dare sé stesso ai credenti, per servirli e farsi coinvolgere nella loro vita, egli aumenta la propria vulnerabilità.
Non è un sacrificio pesante, perché di solito l’amore genera amore (cfr. 1Giovanni 4:19).
Tuttavia, espone il cuore di un pastore ad un mare d’affanni, da cui è preservato invece un cuore che non ama.
Quando un membro del gregge soffre, il pastore soffre; quando uno è in lutto, quando qualcuno si svia, lui agonizza.
Come disse l’apostolo Paolo: “Chi è debole senza che io mi senta debole con lui? Chi è scandalizzato senza che io frema per lui?” (2Corinzi 11:29).
Si tratta di una vulnerabilità privilegiata, poiché si è esposti non solo al dolore ma anche alla gioia; lo stesso Paolo affermava che i fratelli erano la sua gioia (cfr. Filippesi 4:1).
Il pastore è profondamente vulnerabile a causa del suo incarico.
Quanti vogliono comprendere il proprio pastore, devono tenerlo presente.
Il pastore è vulnerabile non soltanto perché è partecipe della vita dei credenti, ma anche perché conduce una vita pubblica.
Oggi il problema è meno acuto che nei decenni passati, ma il pastore e la sua famiglia vivono sotto la lente d’ingrandimento.
Quasi tutto può essere scrutato dai membri di chiesa – la scelta della casa o dell’auto, i gusti nell’abbigliamento, la preferenza degli svaghi e dei luoghi di vacanza – tanto per citare alcuni aspetti.
Questa sindrome della lente d’ingrandimento ha dato origine ad una storiella umoristica sul pastore ideale:
È vestito sempre in modo informale, ma mai inadeguato.
È amichevole e caloroso, ma mai confidenziale.
È spiritoso, ma non comico.
Visita i membri di chiesa, ma è sempre in ufficio.
Predica dalla Bibbia, ma sempre su temi attuali.
È profondo ma chiaro.
Condanna il peccato, ma è sempre amorevole.
Ha una famiglia di persone normali che non peccano mai.
Ha due occhi, uno marrone e uno blu!
Questa parodia dà voce alla sensazione di vulnerabilità avvertita spesso dai servitori di Dio.
Il fattore “lente d’ingrandimento” può avere un effetto debilitante sul pastore, specie se la sua famiglia si sente giudicata negativamente.
Un altro pericolo di essere in primo piano, è che ciò espone ad un’ostilità irrazionale.
Si tratta di un processo di trasferimento.
Qualche membro di chiesa può soffrire d’ansia o rabbia per un problema personale, come una malattia o un conflitto professionale, ma non aver modo di sfogare la sua emozione in modo aperto.
Quindi trasferisce inconsapevolmente quell’emozione sulla chiesa o sul pastore.
Ciò può essere distruttivo sotto l’aspetto emotivo e talvolta anche fisico.
Infine, bisogna aggiungere che il pastore è vulnerabile, perché è umano.
Malgrado la giacca e la camicia ben stirate e la sua aria da persona integra, è un peccatore che lotta contro il proprio temperamento e per crescere nella disciplina personale.
Ha i propri sogni, debolezze e difetti.
Ha insicurezze e paure irrazionali.
In breve, il ministerio accresce la vulnerabilità di una persona, perché pur trattandosi di una chiamata divina, si svolge in una sfera umana e pubblica, soprattutto, rende esposti perché è una chiamata ad amare Dio e l’uomo – e amare vuol dire essere vulnerabili.
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